13/04/11

Oltre il velo democratico




Scriveva Alexis de Tocqueville ne La Democrazia in America (pubblicato in due volumi rispettivamente nel 1835 e nel 1840) qualche anno fa:
“Voglio immaginare sotto quali tratti inediti il dispotismo potrà prodursi nel mondo; vedo una folla innumerevole di uomini simili ed eguali, che incessantemente si ripiegano su se stessi per procurarsi piccoli e volgari piaceri, di cui riempiono la loro anima. Ognuno di essi, ritirato in disparte, è come estraneo al destino di tutti gli altri, i suoi figli e i suoi amici personali formano per lui tutta la specie umana. Al di sopra di costoro si eleva un potere immenso e tutelare, che, da solo, si incarica di assicurare loro i piaceri e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, capillare, regolare, previdente e dolce. Assomiglierebbe al potere paterno se, come quello, avesse per fine di preparare gli uomini all’età virile: ma, al contrario, non cerca che di fissarli irrevocabilmente all’infanzia: gli piace che i cittadini sono contenti, a condizione che pensino soltanto a essere contenti. Lavora volentieri alla loro felicità, ma vuole esserne l’unico agente e il solo arbitro, provvede alla loro sicurezza, prevede e assicura la soddisfazione dei loro bisogni, facilita i loro piaceri, conduce i loro affari principali, dirige la loro attività, regola le loro successioni, divide le loro eredità; perché mai non può toglier loro interamente la fatica di pensare e la pena di vivere?”

Il monito insito nelle parole di Tocqueville è una critica più che fondata del regime democratico e, allo stesso tempo, rappresenta bene lo stile di vita dell'uomo post-moderno occidentale.

Le parole del filosofo francese paiono esser state rielaborate dall'inglese Aldous Huxley che nel 1932 pubblicò Il Mondo Nuovo: in questo romanzo distopico (in cui si immagina una società futura vista in modo negativo) Huxley demolì lo stile di vita della civiltà dei consumi che oggi ci attanaglia fin dall'infanzia. Egli, infatti, credeva che i piaceri e i divertimenti degli uomini sarebbero stati i nostri carcerieri migliori e la prigione che ci avrebbe rinchiuso sarebbe stata, paradossalmente, immaginaria e reale poiché si sarebbe formata nelle nostre teste.

Nel non troppo lontano mondo del visionario Huxley il popolo non è imprigionato e sotto lo scacco delle punizioni, ma è dominato dalla superficialità dei desideri e delle passioni. In questo mondo nuovo non sussistono censure, ma la gente è a tal punto bombardata dalle informazioni che, incapace di rielaborare una simile mole di notizie, finisce col diventare passiva, con il disinteressarsi a tutto e a non ribellarsi più a niente. Tale stato di cose permette che non ci sia più bisogno, per esempio, di bruciare i libri dato che non ci sarà più nessuno che vorrà leggerli.

Questa è la vera dittatura per Huxley, potente perché invisibile e intelligente perché alle catene sostituisce il plagio mentale. E qui ritorna la dittatura della democrazia tanto temuta da Tocqueville che, nel nostro caso, si presenta ben vestita e con il sorriso: una dittatura geniale dal momento che chi si ribellerebbe a un mare di divertimenti?

Tocqueville sapeva che al di fuori della maggioranza, nelle democrazie, non c’è nulla che resista e una volta che essa sia stata acquisita su una questione non c’è nulla che possa arrestarne la marcia. Questa onnipotenza in cui il filosofo francese scorge la tirannia della maggioranza è il maggior pericolo dello stato democratico.

Insieme, Tocqueville e Huxley ci hanno fornito da tempo gli strumenti per contrastare questa degenerazione, ma a quanto pare non siamo stati abili nel ricevere il messaggio.
Negli anni Settanta, Pier Paolo Pasolini doveva ammettere che l'omologazione della civiltà dei consumi ci avrebbe pian piano sopraffatto proprio attraverso una graduale omologazione che avrebbe minato le basi delle nostre particolarità individuali.

La conclusione che se ne può trarre non può che essere negativa dato che anche Carmelo Bene ci mise in guardia in tema di omologazione e diversità: Bene affermava che persino la pecora nera, sebbene diversa, fa parte del gregge e può essere sempre ricompresa in esso. Solo chi è egregio, nel senso letterale del termine che deriva dal latino egrègius (scelto dal gregge, diverso dalla moltitudine), può affrancarsi dalla dittatura della maggioranza e dai rischi della democrazia odierna che altro non è se non mera demagogia.

2 commenti:

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Può affrancarsene ma difficilmente riesce a combatterla senza l'aiuto degli altri che lo devono sostenere in questa battaglia e provare a destarsi da questo torpore ed intontimento provocato da falsi stimoli di felicità inesistente.

Prima o poi la fame, la crisi saranno sotto gli occhi di tutti sempre che tutti abbiano ancora occhi per vedere e gli altri sensi per comprendere.

sR ha detto...

L'aiuto degli altri, l'aiuto di tutti...
servirebbero proprio!